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Trento, 25 maggio 2007
BOATO: DEMOCRAZIA, DEL GOVERNATORE CONDIVIDO SOLO L’ANALISI
In A22 si è pensato bene di moltiplicare i cda, invece che smagrire quello esistente
dal Corriere del Trentino di venerdì 25 maggio 2007

«Analisi condivisibile quella di Dellai sullo stato della democrazia apparsa sul Corriere del Trentino, lo sono meno le conclusioni che ne trae». Il deputato dei Verdi, Marco Boato – recentemente nominato relatore di maggioranza in commissione affari costituzionali sul delicato tema dei costi della politica – interviene nel dibatto sulla crisi della politica e lo fa marcando una certa distanza dal governatore.

Boato, la convince lo strumento scelto da Dellai per rilanciare la partecipazione democratica?
«Diciamo che trovo un limite nel tentativo di affrontare problemi reali con strumenti avulsi dal contesto. Se un politico vuole informarsi sullo stato del dibattito accademico circa la partecipazione democratica, è sufficiente che si rechi in una biblioteca.
Fabbrini e gli studiosi che compongono il gruppo sono certo competenti ed autorevoli, ma temo che troveranno una soluzione “accademica” a problemi massimamente concreti. Credo più negli strumenti della politica e soprattutto delle azioni non individuali. Questa iniziativa del presidente io l'ho appresa dai giornali e non mi risulta che i colleghi ne sapessero nulla. Una cosa è certa, al Trentino non servono ulteriori livelli istituzionali, ce ne sono fin troppi. Poi mi piacerebbe ci fossero meno codici etici e più etica e magari una maggiore conseguenza tra pensieri e comportamenti». «Ad A22, ad esempio. Proprio in un momento in cui imperversa il dibattito sui costi e gli sprechi della politica e a pochi mesi da una finanziaria che chiede di ridurre i Cda delle partecipate, Autobrennero non solo ha mantenuto il suo già non snello Cda, ma per mettere tutti d'accordo ha pensato bene di creare nuovi consigli di amministrazione. Per Str nello specifico, ma più in generale per ogni nuova iniziativa della società.
Così si moltiplicano le greppie e trovo allucinante che nessuno abbia avuto niente da ridire, compreso chi in questo momento guida la Provincia».

E il caso Rendena, non è un po' emblematico della difficoltà di dare spazio alla democrazia partecipata?
«Si è trattato di un modo elusivo di affrontare un problema. Mi vengono i brividi a sentir parlare di sondaggio d'opinione. I sondaggi lasciamoli ai sondaggisti. In questo modo si è solo svalutata la partecipazione democratica. Dubito che la prossima volta le persone che si sono recate a votare avranno di nuovo voglia di farlo. Con i referendum non si governa, ma se non vanno inflazionati, nemmeno si deve averne paura.
Inoltre, non credo che il quorum al 50% sia stato ordinato dal medico. A livello nazionale si è proposto di considerare come quorum referendario il 50% più uno degli aventi diritto che si sono recati alle urne nella precedente tornata elettorale. Potrebbe essere un metodo valido».

Se dovesse indicare i mali di cui soffre la politica oggi?
«Direi innanzitutto che non si risolvono nei suoi costi, che ne sono certo una parte.
Personalmente sono molto deluso dalla riflessione “ombelicale” che gravita intorno al partito democratico. Mi spiego: è da un anno che si parla solo di forma, non di cose concrete. Come può la gente appassionarsi al dibattito sugli organigrammi? Credo poi che un altro problema sia quello della mancanza di certezze – con regole che cambiano in continuazione – e di trasparenza, anche degli apparati burocratici, per cui la gente è comprensibilmente sfiduciata».

Democrazia partecipata e rappresentativa vengono oggi quasi contrapposte. Ma la prima non è semplicemente la condizione per la seconda?
«Pur non essendo io un nostalgico della prima repubblica, noto come un tempo la partecipazione avvenisse in primo luogo a livello di partito. Quindi si sviluppava naturalmente nella forma rappresentativa. Oggi i partiti sono stati svuotati di questa funzione. Mi auguro che a sinistra si cominci a parlare un po' di più di progetti e un po' meno di forme e organigrammi».

 

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